Una qualunque notte di mezza estate, con le stelle che illuminavano un cielo che a guardarlo dava un senso di felice serenità, Fausto, un uomo distinto, elegantemente vestito di nero con cappello a tuba, mantello e bastone rifinito d’argento, stava fermo all’angolo di una lunga strada piena di negozi di lusso dalle insegne illuminate e colorate.
Quell’uomo così alto e bello, con aria rassicurante, sembrava venuto da un’altra epoca. Guardando attentamente i suoi occhi particolari, belli e di un colore indefinito, si leggeva tutta la sua enorme forza e freddezza, come di animale selvaggio e maligno. Solo un sottilissimo velo di grigio li faceva apparire tristi e stanchi, umani e vulnerabili.
Quell’uomo non si spiegava. Sembrava aspettare qualcuno, o forse semplicemente stava lì a fumare una lunga sigaretta nel suo bocchino d’avorio. Era incomprensibile. Era un mistero.
Lungo la via si vedeva ogni tanto passare qualche coppia spensierata che si fermava sorridente e rumorosa a guardare le vetrine. I vestiti costosi, i giocattoli, i gioielli. Gli passavano davanti tranquilli, anche se la sua brillante, forse magica figura poteva apparire fuori luogo, un po’ inquietante.
In fondo a questa normale strada c’era una grande piazza anch’essa illuminata con luci di festa e c’era la musica, si ballava a ritmi sfrenati, veloci. Altre persone passavano davanti a quest’uomo, come la coppia di innamorati, non interessati a quella piazza, a quella festa, alle luci suggestive e alle musiche accattivanti, all’atmosfera festaiola:
tornavano indietro o svoltavano per le traverse, per aggirare quella situazione confusa e raggiungere poi le strade che conoscevano.
Altre persone che percorrevano la stessa strada: un ragazzo a passo svelto ed eccitato contava un fascio di banconote rapinate qualche minuto prima; una donna dall’altro lato del marciapiede, col volto emaciato dalla droga, chiedeva la carità ai passanti. Una donna bella, ma vestita in modo volgare, come una prostituta, con il suo uomo ingioiellato e impomatato all’inverosimile… tante altre persone molto ambigue si tuffavano nella piazza sorridenti e venivano accolti da personaggi altrettanto ambigui e sinistri.
Fausto sembrava disinteressato a tutto questo, sembrava non vedere nulla, ma in realtà vedeva e sapeva tutto, fumava le sue sigarette appoggiato al suo bastone, tranquillo e incurante, con la sufficienza di chi ha visto e vissuto cose peggiori o migliori di quella gente, di quella piazza. La sua attenzione cadde allora in lontananza su di una donna che si accingeva a percorrere quella strada. Diventò inquieto, nervoso, avrebbe voluto urlare e fermarne i passi, ma restò fermo e muto aspettando che magari cambiasse idea, che tornasse indietro. La donna, anche se con passo incerto, veniva avanti senza neanche guardare le vetrine, come sapesse già dove andare benchè fosse la prima volta che percorreva quella strada.
Quando gli fu accanto, Fausto le disse:
“Buonasera Maria, dove stai andando a quest’ora di notte?”.
Sorpresa e imbarazzata dalla figura affascinante di Fausto, Maria esclamò:
“Come fa a conoscere il mio nome? È la prima volta che la vedo!?”.
“Io so molte più cose di quanto tu possa immaginare, e so che sei piena di virtù. Pura nello spirito come nel corpo. Sei qui per dare un senso alla tua vita, e credi di poterlo trovare in fondo a quella strada”.
“Sì… non so come fate a sapere queste cose, non vi conosco, ma una amica ha trovato in questa piazza il suo lavoro, e il suo amore… si veste di vestiti costosi e di gioielli preziosi, è felice! E ora mi scusi, ma devo andare…”.
“NO! Ascolta… non andare! Quella piazza, quelle luci, quella musica, il lusso della tua amica… sono tutte cose effimere e ingannevoli. Lì c’è la perdizione! All’inizio sarà come dici tu, ma dopo un po’, per ben che vada, ti ritroverai a giacere ogni notte su di un letto nuovo con un uomo diverso. E proverai ribrezzo di loro perchè ti costringeranno a farlo. Conoscerai la droga, che ti aiuterà a sopportare, e quando il tuo corpo e la tua pelle non saranno più come adesso ti ridurrai al furto, alla menzogna, all’accattonaggio, solo per sfamarti e soddisfare il tuo bisogno di droga che loro stessi ti venderanno”.
“Ma cosa dice? Come si permette? Io non farò mai le cose che dice lei! Me ne vado, addio!”.
“Ascoltami: io voglio aiutarti. Sposandoti. Ho ricchezze, una casa grandissima e sono solo, mi sento solo… tu sarai padrona di tutto, anche di me, e farai quel che vuoi. Non andare laggiù, cambia strada ora, adesso, sei ancora in tempo per salvarti… per salvarci”.
“Lei, signore, mi confonde. Sono lusingata, ma mi perdoni: io non la conosco e non posso accettare, LA VITA MI ASPETTA!”.
Così Maria, con lo scialle contadino di lana sulle spalle, con la pelle candida del viso, ingenua e innocente, si incamminò per
quella strada, piena di desideri e ambizioni; guardando quel cielo di stelle, tutto sembrava possibile e realizzabile.
Trascorse qualche giorno e Fausto una notte si trovò nuovamente a quell’angolo di strada, fumando, sempre elegante, con aria misteriosa. In strada c’era il solito viavai di gente, persone normali, personaggi equivoci. Improvvisamente, come uscita dal nulla arrivò Maria. Bellissima, con un vestito sgambatissimo nuovo, un trucco lieve che risaltava tutto il suo splendore di giovane donna. Con lei, un uomo vestito griffato, con un anello con brillante e l’unghia del mignolo lunga tre centimetri. Giunta accanto a Fausto, si rivolse a lui:
“Oh, buonasera, signore! Non conosco ancora il suo nome, ma le volevo dire e mostrare che si sbagliava, quella sera. Sono felice con il mio fidanzato, mi ha trovato lavoro come ballerina, sarà un successo! Una fortuna!”.
“Sono sicuro che sei felice, Maria, ma durerà poco. Forse solo il tempo di questa notte. Perciò ti consiglio di tornare a casa. O, se vuoi, di venire con me. Sei ancora in tempo per non proseguire su quella strada!…”.
Maria non diede ascolto a quella voce amica. Si allontanò con il suo fidanzato, deridendo insieme a lui il signore misterioso.
Solo dopo qualche anno Fausto rivide Maria. Era notte, il cielo minacciava il temporale. La piazza era sempre colorata, festante.
Maria versava in uno stato pietoso: si reggeva appoggiandosi alle mura della strada, era diventata una larva umana. Quando incontrò Fausto, che per lei era sempre il signore misterioso dallo sguardo impenetrabile, scoppiò in un pianto a dirotto, buttandoglisi nelle braccia e farfugliando:
“Mi aiuti, signore… ho vergogna di me stessa e di lei, perchè non vi ho dato ascolto quando mi davate consigli…”.
“E’ troppo tardi, Maria. Ora stai peggio di prima: se vuoi salvarti, lo devi fare da sola, devi trovare e tirare fuori tutta la tua forza e volontà. Io non posso più fare niente. Ti avevo avvertita, quella non era la strada giusta”.
“Io non so cosa mi successe”, disse Maria. “Persi la ragione, la razionalità. Qualcosa di sovrannaturale si impossessò della mia mente, annullando la mia volontà: non sono stata io, non è colpa mia, è colpa del diavolo! Sì, del diavolo!…”.
“IO? Ma quando mai? Ma chi ti ha fatto niente?…”.
di Vincenzo