Quando diventi uomo

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Da ragazzino pensavo che diventare uomo significasse avere una moglie e dei figli su cui avere il massimo dell’autorità. Non ci sarebbe stato nessuno più nessuno a comandarmi o a punirmi se non avessi obbedito, e visto che non sarei più andato a scuola, finalmente non avrei più avuto il timore delle interrogazioni, dei compiti in classe e tutto il resto.
Ora che ho l’età per definirmi un uomo, mi rendo conto che forse la stessa definizione, dire “sono un uomo”, è una semplice frase, l’equivalente di essere “più grande”.
Addirittura: penso sia in un aggettivo che nell’ignoranza collettiva ha il solo scopo di produrre una serie di incredibili disuguaglianze: il vero uomo è colui che ha più coraggio, quello che ha più soldi e più forza. Praticamente, tolti i soldi, il termine di paragone sembrerebbe il mondo animale, regolato dalla famosa legge della giungla.
Provate poi a farci caso: la donna che malgrado tutto ancora crediamo più fragile, pensiamo debba essere protetta da un vero uomo, quando invece nella realtà ci sono sempre più donne a capo della famiglia e altrettanti uomini disoccupati che passano il loro tempo al bar.
Insomma, se proprio devo dare un significato ai termini “essere un uomo” devo fare tabula rasa della mia emotività; dopo, a mente fredda, direi che il momento in cui mi sono sentito di potermi definire tale è stato dopo il primo rapporto sessuale.

di Loris Quadro