La bellezza come giustizia

di Amneris

Quando appartiene ad ogni essere che abbia la consapevolezza che sia una parte di sé.

La bellezza come diritto, inteso come il dovuto necessario a ogni essere. La bellezza come senso alla vita, che ci faccia perseguire una bella e buona motivazione, una bellezza che ci tenga lontani dal suicidio morale. E poi la bellezza che va oltre la giustizia, la pratica della bellezza come saggezza è per me la più alta forma di bellezza, fa raggiunge lo splendore dato dalle migliori qualità umane. Ecco quest’ultima bellezza-saggezza viene a mio parere dalla cura continua del proprio sé migliore, quello che ha una determinata motivazione verso il bene, viene dal prendersi cura della propria interiorità, degli altri. Nasce dalla propria capacità di discernere, distinguere ciò che ci fa stare bene da ciò che ci fa stare male; vivendo a volte sì il giudizio che porta al desiderio di controllo e alla rabbia, ma trasmutandolo, superandolo, cercando di raggiunger la pace nel cuore.

La saggezza-bellezza, di comprendere che oltre il giudizio sulla situazione che vediamo e viviamo si dovrebbe sempre cercare di fare del bene, o avere almeno la determinazione di astenersi dal farci e fare agli altri, alla natura animale e non, del male. La pratica della saggezza, per me è legata anche al rispettare l’interconnessione tra tutte le cose senza far leva sui giudizi. La bellezza saggezza aiuta a prendere decisioni scomode, e rivoluzionarie. Un po’ come nella storia intitolata “Basi interiori e lavoro sociale” del monaco buddista Ajahn Pasanno, dove viene raccontato il suo esperimento con la comunità che viveva attorno al monastero ove lui era abate. Con l’esperimento si voleva provare ad integrare e comprendere tutti i diversi tipi di esigenze umane mantenendo il fine di fermare la deforestazione di un Parco nazionale in Tailandia, cercando di far cooperare chi tagliava gli alberi con chi voleva salvarli. Ajhan Pasanno scrive Un importante principio che sta alla base dell’azione sociale è che nel risolvere i problemi sociali non ci si può permettere di escludere niente e nessuno…”. Ecco il buddismo non predica in particolare la bontà e la semplicità, ritiene l’essere buoni e semplici valori scontati ma ottenebrati dall’ignoranza, perché tutti possiamo praticare la bontà, non solo chi segue gli insegnamenti religiosi. Quello di cui parla il buddismo è la possibilità di vivere il nirvana (eliminazione delle cause della sofferenza) tramite l’ insegnamento della meditazione vipassana ( guardare dentro) che dovrebbe aiutare ad estirpare le condizioni mentali personali che portano ad una buona parte di inutile sofferenza; perché il dolore fisico rimane e rimarrà comunque sino alla morte, ma la parte mentale che peggiora gli stati di sofferenza, può essere guarita tramite la meditazione. I farmaci sono le medicine per il corpo e la meditazione è la medicina per la mente; la bellezza, la determinazione verso la bontà, il bene, la saggezza ed altre virtù in realtà sono tra i tanti risultati dati dall’estinzione dell’ignoranza, e quindi anche dell’inutile sofferenza.

Seta dipinta a mano, Daniela Gelli